Condivido e anzi sottoscrivo quanto detto nell'intervista, anche se credo, però, che avere un'insegnante che ti segue rende più facile e veloce il percorso di apprendimento.
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Esperienze e pensieri di un appassionato suonatore di piatti e tamburi....
1 commento:
Condivido e aggiungerei:
sono stato un assiduo spettatore dei concerti di Roberto Gatto a fine anni '80 inizio anni '90,ed ho avuto modo di formarmi in un periodo in cui la giornata tipo era:
la mattina da quadro musicale (il mio "asilo" nei primi anni di formazione),il pomeriggio a studiare,la sera all'Euritmia a vedere concerti.
Suonavo tantissimo,in proporzione molto più di adesso,suonavo 2 volte a settimana tutte le settimane e di cover band davvero non si parlava :)
Jam Session,progetti originali di musica originale.
Poi si andavano a vedere i grandi,si cercava di carpire quanto più possiblie,si registrava col registratore a cassette e quando le cose sembravano essere troppo ostiche allora si chiedeva aiuto agli stessi batteristi nel dopo il concerto,e puntualmente scattava la lezione e i dischi da comprare per focalizzare problematiche di tempo,struttura,stile ecc...
Non sono mai stato a scuola.
Ho vinto delle borse di studio in un momento in cui si facevano i concorsi per i batteristi non professionisti,ma la scuola (frequentai Berkley a Boston e M.I. a Los Angeles) significava piuttosto un luogo dove avvicinare il grande nome per riuscire ad argomentare in un contesto che non fosse il dopo serata o l'incontro casuale in strada.
Ho studiato a fondo con Gary Chaffee,ma questo non mi ha portato ad essere un batterista migliore,piuttosto quelle lezioni hanno allargato la mia capacità analitica nell'ascolto della musica e nella comprensione del linguaggio degli altri musicisti.
Pier Paolo Ferroni
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